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Alla ricerca dei punti fermi - Logos e teofania nel tempo digitale

Data: 26/03/2013

Sulla tomba di Raffaello Sanzio si legge un’iscrizione latina: Ille hic est Raphael timuit quo sospite vinci rerum magna parens et moriente mori (Qui è quel Raffaello da cui, fin che visse, Madre Natura temette di essere superata, e quando morì temette di morire con lui). Il grande pittore era conosciuto soprattutto per la sua perfezione nel raffigurare ciò che dipingeva. La sua ultima opera è stata La trasfigurazione di Cristo, oggi esposta nella Pinacoteca dei Musei Vaticani. Considerata un'opera innovativa per la maestria nell'utilizzo della luce e l'espressività nella rappresentazione biblica, sembra di conservare ancora le tracce dell'incompiutezza.

            Le due zone circolari del dipinto sovrapposte creano un’evidente tensione tra orizzonti diversi. Quello in basso, dedicato alla fallita guarigione dell’ossesso, “viene letto” come simbolo della fragilità umana e dell'impotenza di fronte al male, messe in risalto dall'oscurità che travolge i protagonisti dell'episodio. La scena in alto, da cui prende il titolo l'intero dipinto, è investita, invece, da una luce abbagliante e da grande dinamicità che attraggono immediatamente l'attenzione dell'osservatore. Il Logos, l’eterno Verbo del Padre, entra nella dimensione temporale nascondendosi nella forma umana e nell'atto epifanico della trasfigurazione rivela la propria identità divina. L'intero episodio raccontato dagli evangelisti e rappresentato nel dipinto di Raffaello potrebbe, quindi, essere compendiato in tre parole: Logos, teofania e tempo.

            In un certo senso, il dipinto di Raffaello potrebbe essere una sintesi iconografica dell’umanità di tutti i tempi anche dell’uomo del tempo digitale, che è il nostro. Anche oggi, come allora, l’uomo si ritrova in balia delle fragilità, scosso dalle vecchie e nuove perturbazioni, non di rado avvolto dall’oscurità, ma in cerca della luce e di un orizzonte di speranza, che va oltre un semplice soddisfare il fabbisogno.

            Di fronte all’evidente smarrimento di una società fluttuante, l’uomo contemporaneo sembra essersi stancato delle incertezze e dei relativismi e, sempre più spesso, insegue delle costanti su cui poggiare la propria esistenza. Nasce, quindi, spontaneamente la domanda: esistono ancora dei punti fermi che ci permettono di orientarci con sicurezza e ritrovare la strada per un cammino sereno? E se la risposta dovesse risultare positiva ne nascerebbe subito un’altra: quali sono?

            Raimondo Villano accetta la non facile sfida di indicarli a partire dall’antica categoria del Logos, carica di accezioni che disegnano un ampio percorso di riflessione in cui alla ricerca del senso accompagna anche una ferma volontà di indicare i punti cardinali di riferimento. Non c’è dubbio che, per un cristiano, il Logos rappresenta tale riferimento per eccellenza incidendo non solo sull’intera ermeneutica teologica, ma anche e anzitutto sul vissuto umano nella sua concretezza. La presenza del Verbo si estende su tutta la storia salvifica fin dall’atto creativo e riceve un’espressione unica nel fatto dell’Incarnazione, quando vengono annullate in maniera radicale e del tutto singolare le distanze tra Dio e l’uomo, perché l’Eterno inizia ad esistere nel tempo diventando l’Emmanuele Dio con noi (Mt 1, 23).

            Il Verbo, pertanto, diviene una costante, un riferimento che sin dagli inizi della storia della salvezza accompagna l’uomo diventando il desiderio del cuore, la regola di vita e la lampada nel cammino che non si spegne mai, perché - come dice la Scrittura - tutto passerà, ma la Parola di Dio rimarrà in eterno (1 Pt 1, 25). Nel Verbo Incarnato ogni cristiano ritrova l’orientamento ideale della propria vita, la sua sorgente (Gv 1, 3. 10; Eb 1, 2), principio di continuità (Eb 1,3) e sua meta (Ap 22, 13).

            Ma l’audacia della scelta di Villano non consiste solo nella capacità di indicare un concetto caro a chi si ricollega idealmente all’orizzonte dell’insegnamento biblico, ma anche nell’aver scelto una categoria che, essendo cruciale per la Bibbia, può costituire un riferimento universale per chi, pur non condividendo la stessa eredità di fede, desidera la comprensione della realtà, cioè cerca la verità e vuole seguirla. Il termine logos, infatti, è segnato dall’universalità, considerando che già nell’antichità diventa decisivo al di fuori del cerchio della rivelazione giudeo-cristiana e costituisce un riferimento importante per il nobile pensiero della filosofia greca. Basta ricordare il significato attribuitogli da Eraclito (550 ca - 480 ca a.C.) di ragione universale investita di un carattere divino che permea ogni cosa e crea l’armonia del mondo; oppure da Platone (427 - 347 a. C.) che, pur limitando la sua comprensione alla dimensione del discorso o della ragione, riconosce in esso qualcosa di trascendente per il suo legame con la verità. Con diverse accezioni, il logos accompagna la riflessione di Aristotele (384 - 322 a. C), degli Stoici dal III secolo a.C. in poi, e di Filone di Alessandria (20 a.C. - 50), costituendo qualcosa di più di una semplice categoria speculativa: una chiave di comprensione della realtà.

            È chiaro che, nella tradizione cristiana, il Logos (il Verbo, la Parola) riceve un significato molto più ampio racchiudendo in sé una dimensione epifanico-teofanica. La sua unicità consiste nell’essere sia un riferimento ideale della vita, sia uno “strumento” privilegiato di comprensione, che rende accessibili gli eventi teofanici offrendo una chiave di lettura e guidando l’uomo verso un rapporto consapevole con Dio. L’espressione epifanica più radicale, però, si manifesta quando il Verbo stesso diventa il protagonista della storia attraverso l’Incarnazione, assumendo la natura umana e diventando allo stesso tempo l’immagine del Dio invisibile (Col 1, 15). Tuttavia, sembra che la tradizione occidentale, a differenza di quella bizantina, nella riflessione teologica privilegi più la dimensione speculativa degli eventi epifanici che la simbolico - rappresentativa.

            Nella tradizione bizantina dell'iconografia persiste la convinzione che l'icona, nel suo esprimere il divino, vada oltre una semplice raffigurazione artistica. Tutte le fasi dello “scrivere” un'icona mirano a un solo obiettivo: “fissare l'evento” epifanico. La tavola di legno su cui si posa l’immagine solo apparentemente circoscrive il sacro, il trascendente. In realtà, nel “fissare l’evento”, l’icona attua un’epifania, diventando una sorta di finestra tra divino e umano. L’immagine sacra, quindi, supera il limite del “rimandare verso”… e della rappresentazione, tanto da veder coniare un vero e proprio titolo acheropite, per le icone considerate non dipinte da mano umana.L’icona, pertanto, comunica e crea un dinamismo di incontro tra Dio e uomo, aprendo quest’ultimo alla dimensione salvifica. In questo senso, nella spiritualità bizantina l’icona verrà vista come mezzo epifanico pari ad esempio, alla Parola del Vangelo.

            In questa prospettiva, quindi, Logos e teofania sono tutt’uno trovando un’espressione straordinaria nella cornice del tempo. Il Verbo, infatti, incide sul tempo modificando il suo paradigma interpretativo. Il succedersi dei momenti, inteso come chrónos, subirà un cambiamento radicale e straordinario, con l’ingresso del Verbo nella dimensione temporale. Nel Verbo Incarnato il tempo si ricongiunge all'eternità di Dio, e la Sua presenza nel mondo traccia un nuovo orizzonte di riferimento: quello dell'incontro tra Dio e l'uomo. Ed è proprio in questo orizzonte che avviene una radicale trasformazione: il tempo inteso come chrónos diventa il tempo inteso come kairós, ossia il tempo salvifico, il tempo dell'incontro intimo con Dio che si rende presente nella storia dell'uomo. Lo svolgersi degli eventi, che nella prospettiva cosmica delle credenze arcaiche trasmetteva l'idea di regolarità e di una certa circolarità, riceverà una comprensione nuova, lineare e aperta al futuro, che non si esaurisce nella ciclicità ma proietta l’uomo verso eternità. Così, l'uomo, pur vivendo nell’abituale cornice del tempo-chrónos, entra nella dimensione del tempo-kairós scandito dall'incontro con Dio, sempre nuovo e dinamico, che diventa anche la misura della storia e dell’esistenza umana qualitativamente diverse.

            In questo libro di Villano, le categorie del Logos, della teofania e del tempo si intrecciano con varia intensità, offrendo una lettura anticonformista dell’uomo contemporaneo e della sua cultura. Da essa emerge un messaggio inconfondibile: il continuo cercare dei punti fermi di riferimento e l'impegno a costruire su di essi la propria esistenza sono espressione di una vita qualitativamente migliore. Nelle pagine che seguono è stato indicato un arduo ma interessante percorso di riflessione che attraversa diversi ambiti e si confronta con varie realtà: da quelle più vicine alla quotidianità come la politica e l’agire sociale a quelle sublimi della metafisica e dell’estetica. Ma, per certi versi, questo libro è anche un compendio della comprensione della cultura nelle sue molteplici espressioni alla luce degli autori classici e del magistero della Chiesa. Perciò, accanto alle riflessioni dell’autore, si potranno trovare anche ampie citazioni di alcuni testi fondamentali a comporre quasi una piccola antologia di riferimento.

            Un aspetto importante di questo libro è l'attenzione riservata al presente. Il tempo digitale, indicato come una componente essenziale della riflessione. Già a partire dal titolo, il libro, nasconde in sé una serie di domande fondamentali: le categorie classiche, come quella del Logos, hanno ancora ragione di essere riproposte? Sono ancora comprensibili o almeno traducibili per l'uomo contemporaneo? E quest’ultimo, può abbracciare il Logos ed entrare anche oggi nella prospettiva dell'esperienza di tipo epifanico? Inoltre, il “tempo digitale”, l'era degli eventi scollegati e estremamente relativizzati, il tempo delle autostrade telematiche dove l'informazione sovrabbonda e, a volte, soffoca la dimensione contemplativa dell’essere, “l’era fluttuante”, può costituire un luogo d'incontro tra l'eternità e il presente, tra l'assoluto e il contingente? Infine, l’uomo contemporaneo è ancora capace di sperimentare quel tipo di incontro con la Parola, con il Verbo, così da essere trasformato radicalmente nella sua esistenza per diventare un'icona di Dio, ovvero l’imago Chrisiti che riflette l’imago Dei?

            La risposta di Villano è audace e serena. L’autore non è intimorito dal tempo virtuale, che penetrando nella cultura ne condiziona le basi cambiandole e, non di rado, sconvolgendole. L’afflizione del tempo fluttuante, che sembra affermarsi e propagarsi mentre in realtà si dissolve nel nulla, non deve per forza opprimerci. L’uomo di oggi può ritrovare un orizzonte positivo per la propria esistenza. Logos, teofania e tempo sono termini che codificano un percorso da seguire non solo dal punto di vista della comprensione speculativa, ma anche dell’esperienza esistenziale. Il Verbo, accolto e vissuto, diventa una forza trasformatrice al punto d’innalzare l’uomo verso una nuova dimensione, una nuova dignità, rendendolo imago Dei, un segno visibile quasi epifanico.

            Come nel quadro di Raffaello c’è chi rimane circondato dall’oscurità, chi è turbato dalla realtà che lo spaventa e chi, invece, guarda la luce e indica il Cristo trasfigurato nel fiducioso gesto di certezza di aver trovato la strada da seguire. In un contesto socio-culturale in cui gradualmente vengono meno le certezze, e con esse anche la speranza, il tentativo di restituire fiducia offerto da Villano incoraggia e apre insperati laboratori di ricerca.

                                                                             Rev. Tomasz Trafny               

Responsabile del Dipartimento Scienza e Fede
Direttore esecutivo del  Progetto STOQ(*)          
Pontificio Consiglio della Cultura    
Città del Vaticano                       

 

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(*) Progetto Science, Theology and the Ontological Quest  che, in collaborazione con le sette Università Pontificie Romane (Lateranense, Gregoriana, Regina Apostolorum, San Tommaso - Angelicum, Santa Croce, Salesiana, Urbaniana), è teso a sviluppare il dialogo fra scienza, filosofia e teologia, al fine di confrontare la visione cristiana del mondo, dell’uomo e della società con le molteplici sfide teoretiche, etiche e culturali che nascono dallo sviluppo della scienza ed è diretto a studenti, scienziati, filosofi e teologi e a quanti siano interessati ad approfondire le basi razionali della propria fede o ad approfondire la possibilità di divenire credenti all’inizio del Terzo Millennio.

 

Abs. da: R. Villano “Logos e teofania nel tempo digitale” - con presentazione del Rev. Mons. Tomasz Trafny, Responsabile del Dipartimento Scienza e Fede del Pontificio Consiglio della Cultura  e Direttore esecutivo del  Progetto STOQ - Science, Theology and the Ontological Quest - che, in collaborazione con le sette Università Pontificie Romane (Lateranense, Gregoriana, Regina Apostolorum, San Tommaso - Angelicum, Santa Croce, Salesiana, Urbaniana), è teso a sviluppare il dialogo fra scienza, filosofia e teologia, al fine di confrontare la visione cristiana del mondo, dell’uomo e della società con le molteplici sfide teoretiche, etiche e culturali che nascono dallo sviluppo della scienza ed è diretto a studenti, scienziati, filosofi e teologi e a quanti siano interessati ad approfondire le basi razionali della propria fede o ad approfondire la possibilità di divenire credenti all’inizio del Terzo Millennio; Chiron Praxys, ISBN 978-88-97303-12-1, CDD  215 VIL log 2012, LCC HN30-39, pagg. 260, Prima Edizione febbraio 2012; Prima ristampa: ottobre 2012; Seconda ristampa: dicembre 2012; Terza ristampa: febbraio 2013; Seconda Edizione (con il Patrocinio della già Pontificia Accademia Tiberina e dell’Accademia Europea per le Relazioni Economiche e Culturali), pp. XXII + 264, luglio 2013.

 



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